Nell’attuale quadro normativo, i diritti fondamentali del cittadino giocano un ruolo fondamentale nel determinare il livello di civiltà e progresso di un sistema giuridico. Se è vero che il nostro Stato Italia fa parte dell’EUROPA, di questo spettacolare mondo in cui i Paesi dovrebbero darsi regole comuni da applicare sempre, come principi del Sovrastato, andiamo a vedere quali sono i principi generali europei violati.

Come detto, parlando della Piramide delle NORME oltre ad una tutela  tutta Italiana (!!!!) vi è una tutela derivante da norme ed istituzioni dell’Unione europea (la “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”) e dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

Fino a pochi anni fa il paradigma: Giustizia tributaria e tutela dei diritti umani appariva  assurdo. Oggi, la situazione sta cambiando a causa sia di una irreversibile crisi economica indotta, sia di un fermo dei singoli stati che di sociale hanno ben poco.

Il diritto finanziario, che si occupa dei mezzi con cui finanziare la spesa pubblica e  le consequenziali scelte sull’erogazione della spesa ha ridotto all’osso i cittadini, devastato la ricchezza di tutte le classi sociali, in aperto contrasto con i dettami anche della NOSTRA COSTITUZIONE.

I prelievi contributivi contro l’equità e la dimenticanza della proporzionalità nell’esercizio del potere impositivo, hanno creato una schiavitù di fatto delle persone divenute povere.

Ma è realmente scomparsa l’idea del GIUSTO TRIBUTO?

NO, proprio perchè una serie di articoli della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali tutela il rapporto tra contribuzione e tutela dell’UOMO.

La giurisprudenza della CEDU è molto progressista e direttamente cogente. Come il principio del nemo tenetur se detergere, del ne bis in idem o del nulla poena sine lege,

COSA E’ LA CEDU?

E’  una Convenzione internazionale, sottoscritta a Roma il 4 novembre del 1950 ed elaborata dal Consiglio d’Europa, organismo internazionale a cui aderiscono 47 Paesi per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.

Al Titolo I della Convenzione sono enunciati i diritti e le libertà fondamentali che gli Stati contraenti devono rispettare.  L’Italia ha siglato detta Convenzione e l’ha recepita con la Legge n. 848/1955

Vedete quanto antica è e come sia misconosciuta la Legge sulla tutela dei diritti umani?

Ben due sentenze della Corte Costituzionale, nn. 348 e 349 del 2007, hanno specificato che le norme CEDU hanno natura sub-costituzionale, ossia di norme costituzionalmente interposte, sovraordinate alle leggi ordinarie e sottoposte al rispetto della Costituzione, in quanto gerarchicamente sovraordinate. Tale assunto non mi vede concorde poiché i principi costituzionali sono diretta emanazione della Carta dei diritti inviolabili dell’UOMO.

La Cedu  è dunque, ordinamento nazionale e, pertanto, le sue norme devono essere rispettate dai tre poteri dello Stato. In particolare, il giudice nazionale deve verificare se le contestazioni sollevate dal cittadino sono fondate ed effettuare se vi sia  il contrasto con la CEDU.

Qualora il giudice interno non possa rendere un’interpretazione conforme alla Convenzione, deve rimettere alla Corte Costituzionale la questione di legittimità, per violazione dell’ 117 della Cost., in riferimento alla norma CEDU che si ritiene violata.

Il ricorso diretto alla Corte EDU rappresenta l’ultimo rimedio giurisdizionale per la tutela dei diritti umani; se tutti i rimedi giurisdizionali interni si sono rivelati inutili, la CEDU prevede un rimedio ulteriore, contemplando il ricorso alla Corte EDU.

E’ possibile prima del procedimento invocare la tutela di questi diritti in autotutela? Certamente sì. Poi ognuno si assume la responsabilità di una mancata applicazione. E’ dunque possibile instaurare un contraddittorio anche in AUTOTUTELA

il ricorso per lesione dei diritti, deve essere presentato entro il termine perentorio di sei mesi dalla data in cui la decisione interna è diventata definitiva; può essere presentato il ricorso diretto immediato o per saltum di uno o più gradi delle vie giurisdizionali interne, quando l’ordinamento interno non è in grado di offrire un rimedio giurisdizionale efficace.

Conoscere tutto questo giova ad autodifendersi mediante AUTOTUTELA E DIFFIDE?

Sicuramente SI’…dunque esercitiamo la difesa dei diritti inviolabili, ma non con rigetti precostituiti ma con ciò che il diritto ci offre in maniera logica e ponderata, tenendo conto di ogni caso concreto, dopo una disamina documentale.

RISERVATA

Ma quali sono gli articoli violati della CEDU nella materia del diritto tributario?

– art. 6 : diritto all’equo processo, prima estromesso dalle cause tributarie

  • art. 7: principio di legalità in materia penale, che trova applicazione anche nel contesto tributario, attraverso il riconoscimento del carattere sostanzialmente penale delle sanzioni amministrative-tributarie
  • art. 8: il diritto al rispetto della vita privata, sulla legittimità degli accessi dell’Amministrazione Finanziaria presso la sede del contribuente e sulla la tutela della riservatezza dei documenti e della corrispondenza in generale;

artt. 13 e 14: il diritto a un ricorso effettivo, qualora sia negato al contribuente il ricorso immediato a un giudice, e il divieto di discriminazione ;

art.1 del primo Protocollo addizionale: protezione della proprietà;

art. 4, Protocollo n.2: Ne bis in idem, non essere giudicato o punito due volte

Il processo dinanzi alla Corte EDU si può concludere ex art. 41 della CEDU con la condanna dello Stato di riparare al cittadino la lesione subita, ripristinando il suo stato precedente oppure risarcire i danni causati.

LA CARTA EUROPEA

Un ulteriore strumento di tutela dei diritti fondamentali del contribuente può essere fornito dalla c.d. Carta Europea, ossia la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, nota anche come Carta di Nizza, che con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona è diventata parte integrante dei trattati europei.

Sono contemplati tre categorie di diritti, i «corrispondenti» a quelli della CEDU, i diritti «esistenti» e i diritti «emergenti», ripartendoli in sei titoli correlati ad altrettanti valori individuali ed universali: dignità, libertà,uguaglianza, solidarietà, cittadinanza e giustizia.

Vedete come la dimensione europea è una dimensione improntata alla tutela dei diritti umani?

L’interpretazione e l’applicazione dei diritti “corrispondenti” a quelli CEDU sono individuati dal testo della Convenzione, ma anche dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo e dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, cioè sono i diritti riconosciuti per analogia o evoluzione giurisprudenziale.

La Carta, come enunciato dall’art. 51 della stessa, si applica agli organi e alle istituzioni dell’Unione e per quanto attiene agli «Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. Pertanto, i suddetti soggetti rispettano i diritti, osservano i principi e ne promuovono l’applicazione secondo le rispettive competenze».

la Carta Europea ha la stessa efficacia e supremazia del diritto dell’UE ed il giudice nazionale, qualora rilevi un contrasto tra una nuova norma nazionale e un principio della Carta, è tenuto a DISAPPLICARE LA NORMA INTERNA DI DIRITTO INFERIORE.

In ambito tributario, le tutele della Carta è applicabile direttamente  nell’ambito dei tributi armonizzati,  IVA, dazi e accise.

Nel caso di lesioni di diritti fondamentali contemplati dalla Carta Europea, il giudice nazionale può interpellare ex art. 267 TFUE la Corte di Giustizia, affinchè valuti l’effettiva incompatibilità della norma interna rispetto al principio della Carta Europea.

Dunque la CEDU, esamina direttamente il rispetto dei diritti da parte dello Stato contraente la CGE si limita a una funzione d’interprete del Diritto dell’UE, fornendo al giudice nazionale nuovi elementi interpretativi.

Soccorrono anche le sentenze della Corte EDU, che valuta la violazione dei diritti e la conseguente riparazione da parte dello Stato.

L’art. 6 CEDU può applicarsi ai giudizi tributari?

Dall’esame della CEDU si evince che le disposizioni che contemplano i rapporti fiscali tra lo Stato e i cittadini contribuenti sono contenute nell’art.1 del Primo Protocollo Addizionale che protegge la proprietà privata.

al secondo paragrafo, si enuncia  che il riconoscimento della tutela della proprietà privata non pregiudicherebbe il diritto degli Stati di emanare le leggi necessarie al fini dei propri interessi generali relativi alla c.d. Spesa pubblica.

Tuttavia la Giurisprudenza si è evoluta ed ha dichiarato che le norme che impongono una tassazione, devono essere valutate alla luce del diritto di proprietà ed in più devono rispettare le limitazioni imposte nella seconda parte dell’art.1 di suddetto Protocollo per il quale  l’imposizione fiscale costituisce un’ingerenza nel diritto garantito dall’art. 1 del Protocollo 1, perché priva la persona di un elemento di proprietà, ossia l’importo da pagare.

La stessa Corte EDU nella sentenza del 16 giugno 2010, Di Belmonte c. Italia, sottolinea che la materia fiscale non sfugge peraltro al controllo della Corte e fornisce tre parametri  per la corretta applicazione di predetto articolo: tali ingerenze devono avere una base legale, perseguire uno scopo legittimo ed essere proporzionate agli scopi perseguiti.

L’orientamento consolidato della sentenza Ferrazzini ha subito un’importante deroga con la sentenza del 23 novembre 2006, Jussila c. Filandia, con cui la Corte di Strasburgo ha affermato che una sanzione, pur non essendo qualificata come penale, avendo carattere afflittivo e deterrente, deve rispettare il principio del “giusto processo” statuito nell’art.6 CEDU e, in particolare, nel caso di specie, l’obbligo della pubblica udienza.

L’ ART.6 CEDU inoltre pone dei reali  dubbi sull’indipendenza e imparzialità del giudice tributario.

La cosa che preoccupa non  è che il giudice tributario non sia un giudice professionale, quanto la potenziale incompatibilità tra l’esercizio della funzione giurisdizionale e l’esercizio della sua professione, rispetto alle quali  è recentemente intervenuta una modificazione dell’art. 8 del D.lgs. n. 545 del 1992. Ciò è in evidente contrasto con il canone d’indipendenza di cui all’art. 6 CEDU: il personale amministrativo che svolge un’attività di supporto al giudice tributario appare essere “nelle mani” del soggetto autore degli atti oggetto di giudizio.

Inoltre il rapporto tra Direzione della Giustizia tributaria e i giudici tributari è in evidente contrasto con la necessaria apparenza d’indipendenza del giudice tributario.

Un ulteriore elemento che mette in dubbio l’indipendenza del giudice tributario, è il fatto che la gestione e la programmazione della spesa delle Commissioni è affidata a organismi del Ministero delle Finanze.

La Corte EDU ha già condannato un altro Stato nel quale era il Ministero a determinare uno stanziamento, a monte, delle somme per la retribuzione dei giudici tributari.

Sotto il profilo finanziario, poi, la gestione e programmazione della spesa delle Commissioni è affidata a organismi del Ministero delle Finanze. In ultimo, non risulta compatibile con la CEDU il trattamento economico esiguo previsto per giudici tributari, inadeguato alla complessità dei compiti attribuiti e agli standards di un giudice moderno europeo.

Categorie: Nozioni

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